giovedì 4 novembre 2010

PREMIO POESIA "FERTONANI" - Parte Sesta

SEZIONE B - POESIE IN VERNACOLO

Segni 5633

Segnalazione

SENTIERI BATTUTI

Vécchio profilo
sujo i stracco,
accarezzato dagl’anni.

Parla se racconta,
se ricorda ogni cósa,
ancora tè tutto ‘nmente.

Richiama le vacche,
mo le rebbrava,
le conosci una per una pe nome.

‘Na campana batte aglio Velatro. I la ama.

I la mani,
che non se rape ppiù comme ‘na ota, perché a perza la forza,
la passa tremendo tra l’erba,
è ora, è pronta: se refiaciarà. I l’addora.

Chiude j’occhi i se retrova alle fosse glio Piro,
i po  Crugliano, i alla ponta glio Repe Canino.
I a chelle montagni,
gni sta tanto che ‘na toccato jo pete.

I cammina.

I so de sassi i pietre squadrate i pensieri che gli cuccuma jo core,
so le stesse macere c’ha fatte che ‘nteo ppiù chiglio addore.

I reclama: la ‘mpotenzia !
Olaria ancora la forza,
olaria le mani e gli peti giovani i sverdi,
olaria revedè chigli saruni, chelle fiancate,
olarie requete chelle besti abbeverate !

I ‘na lacrima i lucida l’anima i glio stregni.

Se appoggia aglio vastò i se cammina,
se gira ogni tanto verzo l’urdima collina,

i l’aspetta.

Autore: Lucia Longhi - Segni (Roma)

Cattedrale di S. M. Assunta



TRADUZIONE

SENTIERI BATTUTI

Vecchio profilo,
solo e stanco,
accarezzato dagli anni.

Parla si racconta,
ricorda ogni cosa,
ancora tutto in mente.

Richiama le vacche, adesso le incita a camminare,
le conosce una a una per nome.
Una campana batte al Velatro[1]. E la ama.

E la mano,
che non si apre più come una volta perché ha perso la forza,
la passa tremando tra l’erba, è ora, è pronta si falcerà di nuovo. E l’odora.

Chiude gli occhi e si ritrova alle Fosse del Pero,
e poi a Crugliano e alla punta del Repe Canino[2],
e a quelle montagne non c’è tanto che non ha toccato il piede.

E cammina.

E sono di sassi e pietre squadrate i pensieri che gli si agitano nel silenzio del cuore,
sono gli stessi muri a secco[3] che ha costruito che non hanno più quel profumo.

E reclama l’impotenza !

Vorrei ancora la forza,
vorrei ancora le mani e i piedi giovani e svelti,
vorrei rivedere quei fianchi assolati,
vorrei vedere ancora quelle bestie abbeverate !

E una lacrima gli lucida l’anima e lo stringe.

Si appoggia al bastone e s’incammina,
si ferma ogni tanto verso l’ultima collina[4].

E l’aspetta.



[1] Località tipica dei monti Lepini che prende il nome da una pianta autoctona del luogo (Veratrum album ndr). Il nome fa riferimento ai luoghi di battuta delle bestie. Nel gergo pastorale ad ogni zona corrispondeva un nome specifico, non rintracciabile su carta, soltanto tramandato oralmente dagli ultimi del mestiere.
[2] Tutte località della piccola catena pre-appenninica dei monti Lepini.
[3] Il termine muro a secco non rende giustizia al dialetto macèra, tipica recinzione delle nostre zone montuose e scoscese. Vere e proprie opere di architettura, realizzate esclusivamente con pietre abilmente incastonate tra loro e senza la ben che minima ombra di collanti o artifici simili. Solo pochi erano gli esperti in questo lavoro. Il maceraro era prima di tutto un mestiere, poi anche un’arte che all’occorrenza anche il pastore doveva conoscere.
[4] A Segni gli anziani passeggiano a Pianillo (acropoli dell’antica città) da lì si fermavano ogni tanto a guardare la collina dirimpetto dove riposano i nostri defunti (è il cimitero comunale in dialetto J’arberi pizzuti).

Segni 5581

...continua

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