giovedì 14 agosto 2014

LA PIANTA DEL MESE DI AGOSTO 2014



 

 BIANCOSPINO


Famiglia: Rosaceae
Nome botanico: Crataegus monogyna
Nome Volgare: Biancospino.

Descrizione: alberello, o più spesso arbusto, che può raggiungere una altezza massima di 5- 10 metri. La chioma è irregolarmente globosa, allungata. Il tronco è sinuoso, molto ramoso; rami con spine di 2 cm; ramuli rossastri; corteccia: bruno-aranciata. Fogliame deciduo; foglie semplici, ovali, profondamente lobate, di 4-8 cm, per lo più a 2-4 lobi laterali; margine grossolanamente doppiamente dentato; nervature incurvate verso l’esterno.
Infiorescenze in corimbi contenenti 15-20 fiori; calice a 5 sepali, corolla a 5 petali bianchi, concavi e rotondeggianti, stami 20 ad antere rosate; stilo 1 e ovario infero, profumati. Fioritura da aprile a maggio.
I frutti sono dei pomi di circa 1 cm, rossi, contenente un seme.

Etimologia: Il nome del genere deriva dal greco "Kratos” ovvero “forza” in riferimento alla robustezza del legno.
Il termine “monogyna”, deriva  anch’esso dal greco e significa “un solo stilo”, in riferimento al fiore provvisto di un solo ovario e che produrrà un frutto con un solo seme.



 Curiosità
Ampiamente diffuso in Europa, il biancospino lo si trova in genere ai margini delle strade, nelle siepi e nei boschi. Il suo portamento è più simile a un arbusto che a un albero e per tale motivo era anticamente usato come essenza da siepe: la presenza delle spine e l’intreccio dei suoi rami lo rendevano particolarmente adatto alla creazione di una barriera impenetrabile.
E’ una specie molto longeva (raggiunge i 500 anni), eliofila, rustica, adattabile a qualsiasi condizione climatica e di terreno.
Il legno è rosso-giallastro, duro, difficile da stagionare e da lavorare. Le ridotte dimensioni lo rendono adatto per piccoli oggetti e come combustibile.
Sebbene i frutti siano eduli, la scarsezza della polpa non li rendono consumabili come frutta fresca, ma utilizzabili per la preparazione di marmellate  e confetture.
Fiori, frutti e corteccia, contengono alcaloidi chimicamente affini alla digitalina. In erboristeria viene utilizzato come vasodilatatore coronarico, come cardiotonico, come sedativo del sistema nervoso. Diminuendo la frequenza cardiaca è indicato nei casi di angina pectoris, in alcuni tipi di aritmie e nell’ipertensione arteriosa. I fiori hanno anche una leggera azione ansiolitica e possono quindi essere usati nei trattamenti contro l’insonnia.
Molto simile a Crataegus monogyna è Crataegus oxyacantha, specie anch’essa assai diffusa in Italia. Si differenzia per le foglie meno profondamente lobate, per i fiori con 2 o 3 stili e per i frutti contenenti 2 o 3 semi.
Tra le numerose leggende che circondano la pianta, per lo più inerenti alla vita di Maria, ricordiamo quella di Giuseppe d’Arimatea un importante membro del Sinedrio ebraico che non aveva votato la condanna di Gesù e che chiese a Pilato il corpo per poterlo tumulare in una tomba. Durante la sua fuga dalla Palestina alla Britannia, si rifugiò a Glanstonbury dove fondò una delle più antiche chiese d’Inghilterra. Qui piantò il suo bastone da pellegrino che improvvisamente fiorì in un candido biancospino. Secondo la tradizione, l’alberello fioriva ogni anno la vigilia di Natale ed era dedicato alla Vergine dei Sette Dolori: i fiori bianchi rimandavano alla purezza di Maria, gli stami rossi alle gocce di sangue di Cristo e le spine alla corona della passione. Sopravvisse fino al 1649, anno in cui fu distrutto dai seguaci di Cromwell.