Riporto un'interessante articolo tratto dal blog di valigia Blu.
Ammazzablog, l'autocensura di Wikipedia: è questa la rete che vogliamo?
 
                                                             Diciamolo subito, a scanso di equivoci: stavolta Vasco Rossi non  c’entra. La versione in italiano di Wikipedia (l’enciclopedia on line  collettiva  forte di quasi 900 mila voci, quarta al mondo dopo quelle in  inglese,  tedesco e francese) è al momento oscurata, in segno di  protesta contro  l’ormai celebre comma ammazza-blog (qui uno splendido  post di Metilparaben featuring vari blogger nella veste di  rettificatori). 
Di seguito il testo del'art. 21 della costituzione:Si tratta di una forma di autocensura annunciata  da alcuni giorni e  messa in atto al termine di un lungo, democratico e approfondito  dibattito in rete tra gli utenti del sito,  con l’obiettivo di attirare  l’attenzione dei media sugli effetti che  l’applicazione del “comma 29”  (noto anche come obbligo di rettifica)  potrà avere sulla libertà e la  neutralità dell’informazione. Se la legge  bavaglio dovesse passare,  l’idea stessa di Wikipedia sarebbe minata  nelle sue fondamenta. Anche  perché, se vogliamo dirla tutta, l’impressione è che in rete  non si sia compreso appieno quale è il fulcro della questione, cioè su  cosa impatterebbe il comma 29.
Qualcuno ha fatto presente che in fondo la rettifica potrebbe essere  un bene per la rete, poiché la rete non è altro che moltiplicazione dei  punti di vista, quindi incremento delle informazioni. Insomma, se con la  rettifica si affianca la mia verità a quella dell’articolista che male  c’è? Non è meglio due punti di vista invece di uno solo? 
In realtà con il comma 29 un governo che ci tiene a dichiararsi  ferocemente a favore delle libertà individuali, al punto da farne nome  del partito principale della coalizione, di fatto limita pesantemente  tali libertà. Se un blogger commette un illecito a mezzo del suo sito è  sacrosanto pretendere che ne debba pagare le conseguenze, perché il  principio indefettibile ed irrinunciabile di ogni democrazia è la  responsabilità per le proprie azioni, ma pretendere che in assenza di  qualsivoglia illecito o reato si debba ospitare sul proprio sito  l’altrui opinione o “verità personale”, a pena di forti sanzioni, appare  un’ingiustificabile compressione delle libertà individuali.
Se un articolo appare in qualche modo “disturbante” per il soggetto  citato, ma sempre nei limiti delle leggi vigenti, non ha alcun senso  imporre sull’altrui sito la presenza di voci in contrasto, perché tale  modo di fare determina soltanto un sovraccarico di messaggi ed  informazioni che alla fine porta ad una svalutazione di tutti i messaggi  in rete. Quello che effettivamente si vuole, tramite il comma 29, è  probabilmente proprio sfruttare la cosiddetta strategia della  disattenzione tipica dei talk show ai quali ci stiamo, purtroppo, progressivamente  abituando, dove i messaggi urlati che si sovrappongono creano un rumore  di fondo nel quale diventa sempre più difficile distinguere il vero dal  falso, gettando sull’intera informazione una cinerea patina di  relativismo, mangiandosi quella scarsa risorsa che è il tempo delle  persone!
Ecco quindi che il famigerato comma 29 incute timore anche alla più  grande enciclopedia in rete, Wikipedia, dove gli amministratori della  versione italiana paventano i rischi del doversi impelagare in questioni  legali. Wikipedia non ha quelli che, giuridicamente, si possono definire  responsabili, ma in teoria chiunque può scrivere quello che vuole, fermo  restando un controllo degli altri utenti che generalmente garantisce  una certa correttezza delle informazioni, un sistema che ha portato  Wikipedia a diventare una fonte insostituibile di informazioni in tutto  il mondo.
Quindi, al di là dell’ovvia problematica di individuare un  responsabile della cosiddetta rettifica, che in teoria dovrebbe essere  Wikimedia Foundation negli Usa, alla versione italiana della creatura di  Jimbo Wales fa paura la possibile perdita del punto di vista neutrale, principio irrinunciabile dell’enciclopedia gratuita. Il punto di vista neutrale, secondo le linee guida di Wikipedia, è un  metodo di presentazione delle informazioni in base al quale la voce  deve presentare tutti i punti di vista significativi pubblicati da fonti  attendibili e farlo in maniera proporzionata all’importanza di  ciascuna, senza concedere, quindi, uno spazio uguale a punti di vista  minoritari e maggioritari. Il comma 29 avrebbe proprio l’effetto di azzerare la neutralità  (anche se tendenziale essendo esseri umani coloro che scrivono su  wikipedia) delle voci dell’enciclopedia imponendo la pubblicazione di  tutti i punti di vista possibili su un determinato argomento, senza  alcuna possibilità di discernere ciò che è significativo da ciò che non  lo è.
In quest’ottica non dobbiamo dimenticare che  Wikipedia è statospesso  attaccata per una presunta non affidabilità  delle sue voci,  laddove alcune ricerche hanno comunque dimostrato che l’affidabilità  dell’enciclopedia gratuita non è tanto dissimile da ben più blasonate, e  a pagamento, concorrenti. La vera novità della creatura di Jimbo Wales è  data, invece, dalla neutralità delle voci, una tendenza  all’imparzialità che può esistere solo in progetti che siano  indipendenti da ogni forma di sponsorizzazione, sia economica che  politica. Ed è per questo che Wales ha sempre rifiutato ogni tipo di  sovvenzionamento, preferendo chiedere ai suoi utenti un contributo, anzi  tanti piccoli contributi, per non dover abbandonare il punto di vista  neutrale.
Il controllo del sapere, come Diderot e D’Alambert già evidenziarono  nel ‘700, e come ben sapeva Mussolini che supervisionava personalmente  la redazione della voce Fascismo della Treccani, è fondamentale per il  potere, ed è per questo che le dispute sull’affidabilità di Wikipedia  sono fuorvianti, laddove quello che davvero importa è la sua tendenziale  neutralità. Quella stessa neutralità che oggi, con l’approvazione del  comma 29, rischierebbe di cedere il passo ad un florilegio di molteplici  “verità” personali.
Invece di una sola voce controllata strettamente dal potere, avremmo  una moltitudine di voci nelle quali sarebbe impossibile distinguere  qualsiasi “verità”. E questo non solo su Wikipedia, ma in tutta la rete! 
Al  di là dei contenuti della protesta, vale forse la pena  soffermarsi  sulla forma e sul metodo. L’autocensura preventiva - decisa  dal basso,  dagli stessi utenti che sono a un tempo creatori e fruitori  del servizio  - è una scelta di libertà che forse i siti di news non  possono  permettersi (avendo aziende che pagano un tot di euro per i  loro ads) ed  è anche un modo per verificare se il pluralismo e  l'articolo 21  interessino davvero a qualcuno, se il silenzio  consapevole e informato  (al quale magari potrebbero unirsi le “voci”  autorevoli di molti blogger  italiani disposti ad oscurare le proprie  pagine) possa produrre risultati  efficaci. Oppure conta solo #vascomerda?
 Andrea Iannuzzi e Bruno Saetta
@valigiablu - riproduzione consigliata
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione."
 
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