mercoledì 19 gennaio 2011

L'ALTRO "ORFEO"

La trsite vicenda di Orfeo hanno sempre ispirato tutte le arti, non solo quelle figurative ma anche quelle musicali. Sul mito di Orfeo si contano decine di opere, in cui i due sfortunati amanti vengono rappresentati in tutte le salse: si va dall'Orfeo di Monteverdi in stile classico all'Orfeo et Euridice di Gluck in cui tutto finisce bene (l'opera è stata commissionata per un matrimonio imperiale) all'irriverente e satirico "Orphée aux enfers" ("Orfeo agli inferi") di Offenbach dove il nostro eroe viene dipinto come un violinista di quart'ordine mentre Euridice è stanca della musica del marito. Quando nel 1858 venne alla luce questa operetta subito si scagliarono contro Offenbach feroci critiche per aver profanato e dissacrato il mito greco. Ciò nonostante vennero eseguite ben 228 repliche ininterrotte che terminarono, tra le proteste della gente, solo perchè il cast era esausto. E vedendo il filmato del travolgente finale potrete capire da soli il perchè di così tanto successo. E ancora oggi la musica di Offenbach rappresenta la sigla della "Belle Epoche".




Si dice che le ballerine non portassero le mutande. Io questo non lo so ma di certo tale indumento non lo portavano le ballerine del Mouline Rouge. E anche questo contribuì, in seguito, al grande successo di Offenbach.

Nel quadro sotto, di Emile Levy, intitolato "La morte di Orfeo", del 1866, viene rappresentato il tragico finale post-euridice, quando Orfeo, ormai realizzato la perdita definitiva della sua amata, non ha interesse alla vita e il suo canto si fa triste e lucubre, anche di fronte all'occasione di un'orgia dionisiaca. (Ogni riferimento a noti personaggi politici odierni è puramente casuale). Le menadi, le donne invasate e perennemente ubriache del dio Bacco (Dioniso), non riescono a sedurlo e lo fanno a pezzi dalla rabbia. La leggenda dice che la morte avvenne sulle rive dell'Eridano (l'antico nome del fiume Po) e che i pezzi si trasformarono in salici. Un'altra versione, la mia preferita perchè più poetica, afferma invece che il corpo smembrato venne traformato nel pioppo tremulo: se accostate l'orecchio alla foglie che fremano in una giornata di vento potete ancora udire il cantore mentre chiama la sua Eurydice.
Nel dipinto in alto al destra è  una donna che sta soffiando in una canna. E' l'aulos, l'antenato del flauto. Dietro di lei, in secondo piano, un'altra regge il tympanon, una sorta di tamburello costituito da una pelle di animale tesa su di un cerchio in legno. Aulos e Tympanon erano strumenti quasi disprezzati dai greci antichi ma necessari per entrare in una sorta di trance divina. Al di sopra di Orfeo, un'altra menade sta sferzando il musico con il tirso ovvero con una sorta di scettro costituito da un bastone terminante con una pigna (il tirso è uno dei simboli di Dioniso). Accovacciata accanto a lui un'altra regge in una mano un falcetto pronta per farlo a pezzi. Subito a destra un'altra menade è avvolta da un serpente, simbolo per eccellenza della morte.
Orfeo giace svenuto per terra con la lyra abbandonata e le corde rotte.




Il mito greco però ha conosciuto due Orfei, ma dell'altro "Orfeo", di nome Arione, ne parlerò nel prossimo post.

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