sabato 4 settembre 2010

IN ATTESA DI RIGOLETTO


Mantova skyline
Inserito originariamente da maxmatt
Questa è Mantova vista dal lago. Si intravede all'estrema destra il castello di San Giorgio, al centro la cupola del duomo e poco più a destra il profilo della torre della gabbia.
Mantova è il capologuo della mia provincia. La sua storia è antica e anche molto variegata poichè tutti la volevano ma nessuno riuscì a prenderla. La leggenda vuole che sia stata edificata dall'indovino Manto, nel bel mezzo di una palude. Non è una città di fondazione romana ma etrusca, a dispetto di quelli della Lega che in una sua cittadina, Bagnolo San Vito, festeggiano una festa celtica. (I celti, va bene ricordarlo, a Mantova non hanno mai messo piede). Nel 1100 circa vi nacque prima Bonfacio il Crudele, di stirpe longobarda e poi la grande Matilde di Canossa. La vera storia di Mantova però inizia il 16 agosto 1328 quando una oscura famiglia, i Corradi di Gonzaga, con l'aiuto di Verona, cacciano i Bonacolsi i veri primi signori della città. Inizia così il dominio della famiglia Gonzaga. In circa 400 anni Mantova diverrà ricchissima, al punto che farà gola agli Sforza, agli Scaligeri, al Papato e pure alla Serenissima. Nessuno di questi riuscirà mai a conquistarla. Alcuni dei suoi membri riusciranno a ricevere il massimo riconoscimento imperiale, il Toson d'Oro.
É in questa bellissima città, tra le sue piazze, le sue vie e all'interno dei suoi palazzi, che è stato ambientato il "Rigoletto" di Verdi.
Per chi volesse visitarela assolutamente da vedere sono Palazzo Thè, con l'impressionante Sala dei Giganti, Palazzo Ducale, con la Stanza detta "degli Sposi", Piazza delle Erbe, Piazza Sordello, poeta cantato anche da Dante, la Cattedrale e il Duomo di San Anselmo, con la cupola dell'Alberti e la cripta dei Sacri Vasi, la Rotonda di San Lorenzo con il suo orologio astronomico, Palazzo della Ragione, il Castello di San Giorgio e altro ancora. Nei dintorni, vale la pena fare una scappatina al Santuario della Madonna delle Grazie, a circa 10 km, dove potreste osservare, appeso al soffitto, un coccodrillo impagliato, dono di uno dei Gonzaga, e delle inquetanti statue di cartapesta che rappresentano i vari ex-voto di epoca gonzaghesca.
E non dimenticatevi un giro in barca con la motonave Andes, meglio in estate così da ammirare la stupenda fioritura dei Fior di Loto.

giovedì 2 settembre 2010

CREPUSCOLO...

Di Twilight  non se ne può più ! Ovunque ti volti vedi astucci, quaderni, cartelle, tutte con i bei faccioni dei protagonisti di questa saga. Personalmente ho letti due dei romanzi della Meyer e a dirla sinceremanete non è che mi siano particolarmente piaciuti. Più della metà del romanzo è la storia di Bella in piena crisi adolescenziale. Essa ama un licantropo ma pure un vampiro e non si decide se farsi mordere dal bel vampiro o dall'amico lupo. La'ltra metà è tutto un  mordi mordi...
Finalmente però a smontare il tutto c'è il nuovo film "Mordimi", una autentica parodia di "Twilight". Non so se sia l'ennesima stupidata o qualcosa di intelligente (nel campo della parodia le cose intelligenti sono rare) tuttavia, chi lo andrà a vedere potrà lasciare un commento positivo o negativo che sia. Per il momento accontatevi del trailer.




 Nella musica, specie durante durante il periodo barocco ma anche oltre, la parodia era quasi una tradizione. Si copiava la partitura di una composizione scritta da altri e la si adattava per una nuova occasione. E così si hanno parodie musicale di quasi tutti i maggiori compositori. Quello maggiormente preso di mira è Vivaldi, parodiato un pò da tutti, Mozart, Bach, Busoni, solo per citarne alcuni. Stando poi alle parole di Stravinsky (che non lo amava) Vivaldi stesso si parodiava. D'altra parte Vivaldi era pagato a pezzo prodotto e non a cottimo.
Un esempio molto noto è Pergolesi e Bach.
Il primo scrisse lo Stabat Mater mentre il secondo ne fece la Parodia sostituendo il testo dello Stabat Mater con quello del salmo 51.
Ecco quindi per voi la prima parte dello Stabat Mater di Pergolesi
 
Di seguito la Cantata di Bach BWV 1053, tratto dal Salmo 51, after Pergolesi.

giovedì 26 agosto 2010

PASSIFLORA

Questa è il fiore della mia passiflora. Il colore normale è celeste e bianco. La varietà in questione, Passiflora Caerulea "Costance Elliot" è invece tutta bianca.
La pianta va ad affiancarsi ad un'altra passiflora che ormai ha già colonizzato una intera parete di circa due metri di lunghezza.
Mio zio, questa primavera, nonostante i miei divieti, ha deciso di staccarla dal supporto su cui si era arrampicata. Due giorni più tardi vi è caduta la neve e tutta la parte aerea è morta. A maggio è poi rispuntata ma poichè fiorisce sui rami dell'anno precedente, quest'anno non ha fiorito.
Da qui nasce la mia decisione di piantare un nuovo rampicante.
La passiflora è una pianta molto facile da coltivare. Ne esistono varie specie, tutte tropicali. Solo la P. caerulea e le sue varietà, crescono bene al Nord. Per tutte le altre è necessaria la coltivazione in vaso per poterle riparare durante i mesi freddi.
Il nome di Passiflora deriva dalla forma del fiore. Osservandolo bene si possono intravvedere i chiodi, la scala e la corona di spine. Da altre passiflore, dai fiori rosso fuoco, come la Passiflora edulis o la Passiflora quadrangularis, si ricavano i frutti della passione (Passion fruit) da cui si ottengono i succhi di frutta e marmellate omonime. Nel Nord Italia la fruttificazione di Passiflora caerulea è un evento raro.

domenica 22 agosto 2010

FATALITA`




Lunedì 9 agosto. Il tempo a Soraga, il primo paese della Val di Fassa, è bello. Il sole splende. Il dottore, il nostro arzillo capobanda di 82 anni, decide per una passeggiata in Val San Nicolò. 600 metri circa di dislivello. Prendiamo quindi la macchina è andiamo prima a Pozza e poi nella valle. Parcheggiamo nell'ultimo parcheggio, quello subito dopo la chiesetta. Scendiamo dalle auto e ci incamminiamo verso il rifugio San Nicolò. Il dottore ammira la valle e ci racconta tutti i suoi ricordi: la chiesetta del Cristo dondolante, il Col Ombert, la palestra di roccia, la grotta di Lourdes. " Qui venivamo a chiedere il latte", ci dice, "Sapessi che lavorata per portare l'acqua !" e ci racconta l'avventura della messa in posa di enormi tubi attraverso i pascoli. Quasi la rimpiange la valle il dottore.
La camminata verso il rifugio è dolce nel primo tratto. La pendenza è lieve ma non faticosa e lentamente saliamo verso l'ultimo tratto. L'ultima parte del cammino sale rapidamente con una serie di tornanti. Si fa fatica a salire. I miei compagni sono molto più veloci di me. Io, al contrario, sono costretto a fermarmi spesso per prendere fiato. Circa a metà del percorso lì vedo fermi sopra di me. "Perchè mi stanno aspettando ?" mi domando. Non l'hanno mai fatto. Salgo e arranco come una vecchia locomotiva. Arrivato al loro livello capisco tutto. Sottovoce qualcuno si avvicina a me. "É morto !" mi sussurra nell'orecchio. Lo vedo disteso in mezzo al sentiero. É un uomo, tedesco, di età compresa tra i 75 e gli 80 anni. Almeno così mi dicono perchè io non riesco a vederlo in faccia. Alcuni altri escursionisti, infermieri capitati lì quasi per caso, si sono fermati per i primi soccorsi. Discosta ai lati una signora bionda piange mentre un'altra al cellulare quasi urla quello che è accaduto. Un infarto. "...ha mangiato poco...pane e latte..." colgo parole a casaccio. Il dottore squote il capo. L'elicottero arriva. La donna bionda è sempre ai lati che non sa che fare. Singhiozza. I soccorritori tentano il tutto per tutto, flebo, massaggio, respirazione forzata, defibrillatore. L'aria mi porta altre parole "...c'è il polso ma non il battito...". Il dottore scuote ancora una volta il capo. Io poco più in là sento un revolo di vento passarmi accanto. É morto. Prego per lui mentre ora la donna bionda piange.
Mi immagino il Cristo dondolante della chiesetta dei caduti muoversi di qua e di là, mosso da quello spirito che ha appena abbandonato questa terra. 

sabato 21 agosto 2010

PIANTE ALPINE



Quella che vedete nella foto è una pianta alpina di sottobosco. É stata scattata sul sentiero che dalla funivia porta al passo di Lusia. L'identificazione non è stata per niente facile poichè sui miei libri di botanica manca.
I fusti lunghi e zigzaganti, le foglie alterne e i frutti rosso brillante e penduli mi hanno fatto pensare alla famiglia delle Liliaceae e al genere Poligonatum, ovvero al Sigillo di Salomone, a cui la pianta assomiglia enormemente. 
Il problema è che il Sigillo di Salomone, sia quello maggiore che quello minore, hanno bacche di colore blu e non rosse. Ma allora di che specie di pianta si tratta ?
Dopo aver fatto una ricerca su internet per verificare se vi siano specie simili al Poligonatum con le bacche rosse, ne ho trovate due, entrambe di originarie del Nord America.
La specie che ho fotografato è Streptopus amplexifolius
Il nome di "Streptopus" deriva dal greco e significa "di forma storta" per la caratteristica disposizione del fusto. Sembra che, al contrario del Poligonatum, le bacche siano commestibili e utilizzate in medicina dagli Indiani D'America come purgante. Ne ho raccolte alcune che tenterò di seminare. Non so se l'impresa mi riuscirà ma vi terrò informati.
A questo punto mi viene una domanda: come è arrivata questa pianta in Italia dal Nord America ? E cosa ci fa sulle Alpi di Lusia ? Chi c'è la portata ? Turisti distratti o fuga dagli orti ? Passerò il dilemma a Voyager e a Mr. Giacobbo !!!

                                                                 Qua sotto la pianta fiorita 

mercoledì 18 agosto 2010

QUINTETTO BISLACCO


Il Quintetto Bislacco è un 'essemble di cinque elementi tutti archi. Il gruppo si prefigge non solo di suonare musica classica ma anche di re-interpretare brani  più o meno moderni, come le colonne sonore di film o musica rock adattata per archi, e di divertire il pubblico. Alla musica classica ci si avvicina anche così.
 

martedì 3 agosto 2010

LA POESIA DEL MESE D'AGOSTO




Ma quando quando
Verrà e l'attendevo
Ora la vedo
Non più un pensiero
A sfiorarmi la testa.
                              Ryōkan Yamamoto (1758-1831) - Monaco Buddista della scuola Sōtō

Lascio le parole del commento a un grande scrittore giapponese, Kawabata Yasunari che così descrive la figura di questo monaco errante, tuttora assai popolare in Giappone.

Commento: "Ryōkan visse secondo lo spirito di queste poesie, abitando tane selvatiche, vestendo stracci, errando per le campagne. Giocava con i bambini, discorreva coi contadini, né cercava la profondità della fede e delle lettere in dotte disquisizioni; semplicemente seguiva l'immacolato precetto wagugen aigo ("sorriso in volto, parola d'amore").Anzi, quest'uomo che, al declinare di Edo, con la sua poesia e la sua calligrafia si eleva al di sopra della moderna volgarità per mantenersi fedele alla raffinata civiltà del passato, quest'uomo in Giappone gode tuttora di profonda ammirazione per la sua arte, nella poesia che è il suo testamento spiritualesembra non avere nulla da trasmettere, nessuna eredità da lasciare.
Puro è il vento 
La luna luminosa 
E noi insieme 
Danziamo fino all'alba 
Il mio addio a questo mondo
 Uno solo è il memento che porge al mondo: anche dopo la sua morte la natura continuerà a essere bella.
                                                                                  [...]
Ryōkan scrisse anche liriche amorose come questa [la prima] che mi piace particolarmente. Era un vecchio di sessantotto anni quando conobbe la giovane monaca Teishin, di ventotto, e fu benedetto dall'amore. La poesia può essere letta come un espressione di gioia per aver potuto conoscere la donna, ma anche un momento di esultanza per la venuta dell'amata  così a lungo attesa. Gli ultimi versi, Ora la vedo / Non più un pensiero / A sfiorarmi la testa, offrono un'immagine di grande immediatezza."

Kawabata Yasunari, da "La bellezza, il Giappone e Io", Discorso del conferimento del Nobel (1968)